Mentre il mondo innalza muri di mattoni o di parole…. pensiamo ai visti negati ai nostri bambini…. accusiamo chi innalza muri ma non ci comportiamo molto diversamente…. comunque mentre i muri si moltiplicano noi alla casa Pè Giuss teniamo invece le porte ben spalancate per essere sicuri che chi ha bisogno le trovi aperte cosi come ogni giorno noi troviamo le porte della Misericordia aperte per incominciare una nuova giornata di vita che a volte pensiamo ci sia dovuta ma se davvero ci fermiamo a riflettere dobbiamo arrenderci al fatto che non è così.

Non mi piace parlare di accoglienza come di un diritto, non mi piace dividere le circostanze della vita in diritti e doveri, una sorta di equilibrio stabilito non si sa bene da chi. Mi piace vivere l’accoglienza come frutto dell’esperienza di accoglienza che io vivo ogni giorno quando aprendo gli occhi mi riscopro viva e pronta ad iniziare una nuova giornata non per merito mio ma perché qualcuno ha deciso così. Questo ci rende liberi, perché tutto è dato ed è dato per un bene.

Così oggi quando il piccolo Esperando ha bussato alla nostra porta chiedendo aiuto è stato semplice dire di si, è stato semplice sostenere lo sguardo di suo papà che ci racconta di come la mamma Remise, seguita da noi nel programma gravidanza, sia morta in seguito ad un parto cesareo la cui ferita si è infettata e l’ha portata via in pochi giorni. Era venuta da noi per partorire ma aveva la pressione alle stelle e le nostre ostetriche hanno preferito chiederci di portarla in ospedale dove una grossa e famosa ONG gestisce un centro per le gravidanze a rischio.

Lasciamo la donna nelle mani di medici ed infermieri.

Scopro oggi che viene dimessa poche ore dopo perché la sua situazione non è giudicata così grave da essere urgente e quindi viene indirizzata ad un ospedale popolare dove il giudizio dei medici è diverso: bisogna intervenire subito. Il parto cesareo riesce senza problemi, il bimbo è bello, la mamma sta bene. Viene dimessa ma in pochi giorni la ferita si infetta e quando torna da noi ha la febbre alta e la ferita intrattabile nel nostro ambulatorio. Si ritorna in ospedale dove la donna viene ricoverata e poche ore dopo muore.

Per il piccolo Esperando la strada comincia in salita. Il suo papà aspetta di fare il funerale alla mamma perché mi dice: “Volevo che mio figlio ci fosse” e poi me lo porta, me lo mette in braccio e mi abbraccia dicendo “È nelle mani di Gesù.”

Si Esperando è nella mani di Gesù.

Non potremo togliergli la salita, ma potremo percorrerla con lui, magari con il fiatone, ma certi che l’avventura buona della vita è iniziata anche per lui.