Questa mattina andando in Chiesa come ogni mattina, la prima impressione è stata quella di una trascuratezza generale. Oggi festa della Presentazione tutto deve essere liturgicamente bianco ed invece solo il drappo che scendeva dall’ ambone era stato cambiato, tutto il resto, altare e drappeggi vari tutto verde come al solito…. troppa fatica cambiare una tovaglia…. troppa fatica quando non si ha il senso di quello che si fa.

Il canto d’inizio… subito interrotto perché il sacerdote vuole fare la processione da fuori e ci chiede di uscire: parla della luce, benedice le candele… che nessuno aveva… candele fantasma… parla di acqua benedetta… tutti si girano ma acqua non ce n’ è….. il senso di trascuratezza aumenta.

Poi inizia la Messa, il lettore gira per dieci minuti le pagine del Lezionario, il chierichetto va da aiutarlo, poi si aggiunge il capocoro… in tre e…. riescono a mettere le letture di ieri.

Il sacerdote non si muove, lascia correre. Sconfitto ancor prima di cominciare come se tanto non avesse senso spiegare o forse a lui va bene così.

Resterò distratta tutta la Messa con le parole del don Giuss che ci diceva a noi poco più che ragazzi di non cedere alla tentazione della “trascuratezza dell’io”.

Un io trascurato è un io che non è pronto a riconoscere ciò che accade, è un io che lascia correre, è un io che si accontenta, è un io che smette di desiderare l’ Infinito in tutto ciò che vede e che fa.

Torno a casa con il cuore colmo di gratitudine per gli incontri fatti nella vita: dal don Giuss che mi ha fatto conoscere il mio io, alle suore che mi hanno educato al senso del sacro e della Liturgia, dalla famiglia che mi ha insegnato a lottare per ciò che desideri, agli amici che mi camminano a fianco.

Poche ore e un io sfinito bussa alla mia porta: Titin e la sua nonna e pochi minuti dopo Stevenson e la sua mamma. Chiedono una casa, chiedono un affetto, chiedono una speranza. Cosa mi fa decidere se aprire la porta o dire che non c’ è posto? Il budget? La capacità dello staff di prendersi cura di questi bimbi? I posti letto?

La possibilità di non negare loro un incontro che possa aiutarli a guardare in faccia la loro umanità facendosene carico e portandola a compimento secondo quel disegno buono preparato da Chi conosce il nostro cuore.

Una sfida ardua… in cui credere e da non perdere di vista ogni giorno. Ed ero stupita quando Marie Elange e Marie France, le educatrici che ricevevano i due bambini, si sono messe a cantare il benvenuto invitando gli altri bambini ad accogliere i nuovi arrivati con un bell’applauso.

Quando li hai già fatti fuori con un tuo giudizio ti sorprendono. E da una sorpresa tutto può ricominciare.