Arriva da Fondverretes, ultimo avamposto di una Haiti che cade a pezzi e che si sta preparando a riaccogliere i 350.000 haitiani nati in clandestinità nella Repubblica Domenicana che stanno per essere espulsi. Le frontiere si preparano al caos. Nei due paesi, davanti alle ambasciate si stanno svolgendo manifestazioni di protesta. La rabbia sembra essere li li per esplodere.

Ma il piccolo Deninson non sa niente di tutto questo, non sa niente di questo pezzo di mondo in cui è nato, non sa che il suo villaggio è proprio sulla linea di rientro di questi disperati. Sa solo che è venuto al mondo e che deve cominciare a lottare per vivere.

Arriva con il suo papà, la sua mamma aspetta sul cancello, non vuole entrare, non se la sente di abbandonare il suo bambino, ma sa che è l’unica possibiltà che ha, quella di chiedere aiuto, perchè il suo piccolino viva.

Deninson ha quasi due anni, li festeggeremo il mese prossimo, un handicap grave psicofisico, la febbre alta, difficoltà respiratorie evidenti, malnutrizione grave. Eppure quest’uomo e questa donna si sono messi in viaggio dal loro villaggio per cercare aiuto, perchè il loro bambino possa vivere. Sanno che restando al villaggio sperduto in montagna non ce la potrebbe fare; lí la vita è dura per tutti, immaginiamoci per un bambino cosí. Un uomo ed una donna. Lui racconta di essere cresciuto in orfanotrofio: ci è entrato a 6 anni e ne è uscito a 29, ringrazia perchè i suoi amici fuori morivano di fame. Lui invece oggi ha aperto al villaggio una scuola per 200 bimbi che una organizzazione straniera lo aiuta a mantenere. È contento. E desidera che il suo bambino abbia una possibilità nella vita.

Un uomo ed una donna in viaggio con un bimbo piccolo. Come duemila anni fa.