Era arrivato a fine marzo con la sua mamma. Entrambi in condizioni drammatiche: lei con una broncopolmonite in atto, poche parole confuse, incapace di reggersi in piedi. Lui, piccolino, la febbre altissima, anemico e malnutrito. Situazione difficile per entrambi. Lui tre mesi, lei ventinove anni ed una vita in salita.

La donna era riuscita a raccontare dove abitavano: in un tunnel fatto di cilindri di cemento lasciati lí da chi forse voleva costruire un acquedotto ed oggi riparo per un popolo di disperati, quelli che non riescono neanche a mettere insieme abbastanza soldi per affittarsi una baracca a Waf Jeremie. Si perchè da noi le baracche si affittano.: è un business, chi può “investe” in lamiere di zinco e le mette insieme a formare un cubetto di tre, quattro metri quadrati e voilà la casa è fatta. 1.000, 2.000 fino a 5.000 gourdes di affitto al mese.

Ma Dafnè questi soldi non ce li aveva. Da quando le “chimeres”, le bande armate che terrorizzano questi nostri quartieri avevano ucciso suo marito pochi mesi fa lei era rimasta senza possibilità di pagare l’affitto e con il suo bambino si era spostata nel “tunnel di san Joseph” come lo chiamano perchè proprio accanto alla parrocchia dedicata appunto al papà per eccellenza.

Un tunnel spesso allagato per l’acqua piovana, un tunnel malsano dove il più violento la fa da padrone, un tunnel dove i miseri più miseri trovano riparo nella notte o durante la calura del giorno. Quando siamo andati a vedere non siamo potuti entrare in questo tunnel perchè allagato: topi, scarafaggi, maiali sguazzavano beati e incuranti della nostra presenza.

Io inorridivo.

E Donaldson era entrato in casa, in silenzio, piccolo compagno di strada donato per poche settimane. Con Andrea e Clotilde che dall’Italia ci seguiva lo avevamo curato, sperando di aiutarlo a vivere. Poi la visita in ospedale per verificare lo stato di salute, il ricovero ed il lento declino. Prima intubato, poi legato ad una sacca di sangue  per le trasfusioni. Una lotta. Una lotta in cui noi potevamo solo chiedere che ciò per cui Donaldson era venuto al mondo si compisse.

E ieri mattina alle cinque tutto si è compiuto ed un altro dei nostri piccoli ha lasciato la kay, in silenzio cosí come vi era entrato ed in cielo adesso  capirà perchè il suo cammino è stato cosí breve e perchè sia stato chiamato ad una sofferenza tanto grande.

Per noi che restiamo la sua morte non è un’obiezione, ma una conferma che l’uomo è fatto per la vita, per quella eterna, è fatto per un “per sempre” che ci prende all’improvviso e compie il nostro Destino. Vale la pena vivere perchè vale la pena morire: il resto è solo un cammino.