Questa mattina Myrtha non diceva una parola. Guardava il trenino giallo degli altri bambini avviarsi a scuola e lei restava seduta in attesa di venire con me a vedere la sua gamba nuova. In pulmino non una parola. Si nascondeva gli occhi con le mani. Non sapeva cosa la attendeva e non sapeva come gestire quella situazione strana.

Suor Isa ed i suoi collaboratori ci aspettavano, qualche minuto di attesa, poi le prove con la protesi, il borotalco, l’attesa… le foto appese al muro che ci mostrano bimbi sorridenti che camminano e corrono con le nuove protesi.

E finalmente mettono Myrtha in piedi. Si guarda intorno stranita, titubante. Non sappiamo quando abbia perso la gamba quindi non sappiamo se abbia mai camminato. Deve quindi imparare i movimenti del camminare, vorrebbe saltellare sull’altro piede, cerca le stampelle e poi… voilà parte verso le parallele che la aiuteranno piano piano a mettere un piede dietro l’altro. Ride. Non risponde alle domande di suor Isa, fa fatica ma è contenta.

Io la guardo e vedo il cammino dell’uomo che fa fatica nella vita, che deve imparare tutto: il cammino al Destino che senza un metodo diventa solo pesante e faticoso. E come Myrtha chiedo anch’io di essere disponibile ogni giorno ad imparare a camminare certa che la fatica è buona. Ed il bello è che a rendere buona la fatica è il volto di suor Isa che aspetta Myrtha alla fine del percorso, o lo sguardo mio e di Peter, il nostro autista, che seduti accanto la incoraggiamo e sorridiamo con lei.

Un cammino, una compagnia: nel lavoro di Myrtha c’è già tutto per lei e per me che attraverso di lei sono richiamata alla bellezza della Strada.