Eccoci piano piano in cammino verso la normalità. I bimbi vanno a scuola ed all’asilo, il refettorio viene preparato perché i piccoli possano tornare a mangiare insieme, le piscine riempite.

Ma come usciamo da questa battaglia? Un po’ malconci. I lettini vuoti di Yvenson e Davidson ci ricordano che nulla di questi bimbi è nelle nostre mani né la loro felicità né il loro Destino e questo ci rimanda alla certezza che chi compie la nostra umanità è qualcosa che sta fuori, che viene prima, che è accaduta e che accade.

“La vita è vocazione. E vocazione è compiere una missione, svolgere un compito, che Dio determina per ognuno attraverso le circostanze banali, quotidiane, di istante in istante, che Egli permette noi abbiamo ad attraversare”ci siamo appena risentiti dire ed io leggendo ieri pomeriggio queste parole che gli amici mi hanno fatto subito arrivare ho proprio riletto questi giorni, ho rivisto gli attimi vissuti scorrere, le corse, la paura, il silenzio e tutto era parte di una vocazione, di una missione, di un compito. Vocazione per me, ma vocazione per Yvenson e Davidson che questo compito l’hanno portato a termine in silenzio, nella notte.

Allora vivendo la vita come vocazione tutto ha un senso, tutto ha un posto, tutto ha uno scopo: il dolore non è spazzato via, resta, ma appartiene alla vocazione, a ciò a cui si è chiamati e la conferma.

Ed il cammino continua… più certo che mai.