Da qualche giorno mi sveglio la mattina e vado a letto la sera con una domanda nel cuore: “Ma cosa c’entrano quei ventuno ragazzi sgozzati con quello che io faccio qui?”

Ho il dolore nel cuore, il desiderio di pregare per loro, per le loro famiglie, per la Chiesa di quei luoghi. Resto in silenzio in cappella ed i volti di questi ragazzi mi passano davanti: dignitosi, fieri, in pace. Affrontano la morte a testa alta, danno la loro vita per Lui. Non li segna la paura, non implorano, non piagnucolano, attendono…. attendono come avrà atteso Cristo in croce che arrivassero le tre, che tutto si compisse. Attendono il compimento di quel Destino di Grazia che dovevano già vivere per essere giudicati degni del martirio.

Le schiere dei martiri…. quante volte abbiamo sentito queste parole o le abbiamo cantate in chiesa quasi a relegare ad altri tempi, ben lontani la Gloria del martirio. Ed invece ecco comparire sui nostri desktop immagini che parlano si di male, di dolore, di morte, ma che hanno il sapore della vita, di quella eterna: per sempre di Cristo cari ventun fratelli di cui non conosciamo i nomi ma i cui volti ci hanno dato ragione della bellezza dell’avventura cristiana, della bellezza dell’incontro con Cristo. Altre immagini tornano alla mente…. i monaci di Tibhirine fra tutte. Stesso silenzio, stessa fierezza, stesso compito: martiri di Cristo.

E papa Francesco questa mattina dicendo la messa per questi fratelli invitava a combattere il male con gesti di bene, ricordava madre Teresa e ci consegnava un compito: a noi, che non siamo chiamati a dare la vita per Cristo tocca il compito di seminare il bene, con gesti, parole, pensieri. Seminare il bene….

E allora tutto si ricompone e ritrova un ordine: l’obbedienza al compito che ci è dato dentro le diverse circostanze della vita ci lega a questi ventun fratelli copti. Speriamo che un giorno si aprano anche per noi, come già è stato per loro, le porte del Paradiso e le schiere degli Angeli ci accompagnino davanti a Lui: “Questo è il mio figlio prediletto nel quale mi sono compiaciuto” si saranno sentiti dire entrando nel Paradiso in festa.

Che ci possano aprire la strada della santità e la memoria dei loro volti ci dia coraggio per dire il nostro sî che, meno violento del loro, chiede comunque tutto.