Ci sono momenti in cui è difficile raccontare tutto quello che si vive quaggiù perchè non se ne ha il tempo o perchè non si sa da che parte cominciare.
Le ultime settimane sono state difficili, a volte pesanti, ma ricche di una provocazione che mi ha sempre fatto stare in silenzio davanti a ciò che vedevo accadere domandando che Cristo fosse più presente, domandando che Lui riaccadesse e domandando un cuore capace di domandarlo senza lasciarsi travolgere dagli eventi.
In particolare siamo stati messi più volte a dura prova dalle visite notturne degli squadroni di polizia speciale che, con i volti incappucciati ed armati fino ai denti si abbattevano come delle furie dentro la casa Kay Pe’ Giuss, inseguendo fantomatici banditi che secondo loro noi nasconderemmo in casa nostra. Parlano di un deposito sotterraneo all’interno del quale noi daremmo riparo ai banditi: cercano dappertutto, rovistano nelle nostre camere, rompono bidoni di riso, rubano telefoni e macchine fotografiche ai volontari e picchiano i ragazzi della notte accusandoli di essere traditori. Violenza anche sulla donna che di notte si occupa dei nostri bimbi.
Una, due, tre volte. La terza volta arrestano Edu, lo riempiono di botte, lo feriscono con un coltello per farsi dire dove e’ nascosto il bandito numero due che ancora sfugge alla cattura. Ci vorrà una settimana per vederlo uscire con un timpano rotto, provato nel corpo e nello spirito e solo dopo pagamento di una somma in denaro.
Banditi o polizia? Da queste parti sembra essere la stessa cosa.
Chiedo aiuto ai responsabili della sicurezza ONU. Ne nasce un incontro privato a tre con uno dei capi della polizia locale che mi viene detto essere un uomo di fiducia e “dalla nostra parte”..
… poche ore dopo sara’ quest’uomo degno di fiducia a telefonarmi per dirmi che se comincero’ ad essere gentile con la polizia facendo dei regali non avremo piu’ problemi.
Mi accusano di essere un sostegno economico delle bande armate, di finanziare il narcotraffico della Colombia e di godere della protezione dei banditi se no dicono “non avresti potuto lavorare qui dentro per tutti questi anni”. Loro, l’ipotesi di Cristo, non la ammettono neanche.
Ma dentro questa fatica un punto fermo a cui guardare, che balza agli occhi se ci si ferma anche solo mezz’ora a fine giornata con la nostra Cassandra’ o con il nostro Schnaider. Loro che di motivi per essere felici non ne avrebbero…. abbandonati, soli al mondo, dipendenti in tutto, Cassandra anche malata di AIDS, eppure contenti, felici, capaci di gioire quando si vedono o quando arriva un amico, o davanti ad un bicchiere di Coca-Cola o ad una fetta di pizza dell’Angelica. Vivono di un rapporto, quello con noi, che li sostiene e li rende certi di un bene nella loro vita ed alla loro vita.
Guardandoli ogni giorno sono richiamata alla felicita’ che mi e’ gia’ data solo perche’ sono amata da Un Altro e tutto cio’ che accade non puo’ far vacillare il passo se non confermare di chi si e’ e cosa rende davvero liberi.
“Se non ritornerete come bambini….”