“La sua mamma è venuta a prenderla” sono le parole che Leslie ci ha detto ieri guardandoci in volto mentre gli dicevamo che la sua piccola Leslie che ci aveva affidato pochi mesi fa era morta domenica pomeriggio.
Il dramma era entrato alla Kay Pe’ Giuss, improvviso, inaspettato, doloroso, lacerante sabato notte: Leslie, sei mesi appena compiuti, da poco piu’ di un mese accolta nella Kay pe’ Giuss, una mamma morta pochi giorni dopo il parto uccisa dall’Aids, un papa’ in ginocchio che vive raccattando ferro per le strade di Port au Prince con delle mani troppo grandi per stringere una bimba cosi’ piccola.
Una crisi respiratoria inaspettata, violenta, la corsa in ospedale alle quattro del mattino, l’agonia delle ore successive, l’avvicendarsi al suo lettino in un ospedale sporco, affollato, senza acqua ne’ energia elettrica. Siamo ad Haiti dove gli ospedali nel cuore della notte difficilmente accolgono pazienti, troppa paura ad aprire le porte nell’oscurità. Il peggioramento. La morte, le lacrime, il silenzio.
Solo mezz’ora prima accanto al suo lettino quando già si capiva che le cose stavano degenerando, ho chiesto il miracolo, ho chiesto che vivesse, ma nel chiedere il miracolo era chiaro che il vero miracolo sarebbe stata la provocazione che per ognuno di noi, attoniti spettatori di questa lotta per la vita, sarebbe nata davanti a quello che sarebbe successo nelle ore successive. Era un chiedere, ma un chiedere senza la pretesa che la risposta coincidesse con ciò che avevo in mente; era un chiedere ma con la certezza che qualunque cosa fosse successa sarebbe stato per un bene per lei, per noi, per il mondo; era un chiedere che nasceva dal sentirsi parte di una storia di salvezza che ci è già data e che non dipende da ciò che la vita poi riserverà ad ognuno di noi.
L’ho battezzata con la poca acqua trovata. Era pronta per essere accolta per sempre nella Gloria di Cristo e dei Santi.
Poche ora prima un’amica ci raccontava della provocazione avuta agli esercizi della Fraternità di Comunione e Liberazione quando don Julian Carron poneva la domanda sulla certezza della fede chiedendo a tutti se sarebbero tornati a casa con la certezza che Cristo basta alle circostanze della vita. Riportando Lesline a casa, stringendola in braccio, mi si presentava davanti agli occhi questa domanda in tutta la sua imponenza: ma davanti a questa bimba morta, Cristo basta? Davanti agli altri bimbi accolti in casa festosi, allegri, contenti ma con un futuro cosi’ incerto, Cristo basta?
E cosi’ la morte di Leslie diventa per noi qui in casa una finestra spalancata sul Mistero, una provocazione da cui ripartire dopo un periodo di stanchezza e fatica: forse era venuta al mondo per questo, per richiamarci dalla nostra distrazione, per ricentrare il cammino, per portare i nostri sguardi ed il nostro cuore sulla certezza che Cristo basta, sulla verifica di questa certezza dentro la quotidianità del reale.
Cristo basta, il dolore non e’ tolto ma non ci schiaccia, non ci distrae, ci lascia in ginocchio, ma più certi della Strada.