Non smettiamo di stupirci davvero qui ad Haiti perche’ ogni giorno accade qualcosa che ci riporta al via solo per ricordarci che non stiamo giocando una partita a Monopoli dove ci si spostava senza passare dal via. Qui la realta’ sembra riportarti sempre al via che, seppur comportando una fatica, ci permette di non abituarci mai al dolore, alla solitudine al gia’ visto e gia’ saputo, ma ci provoca a domandarci cosa c’entriamo noi con tutto quello che vediamo accadere intorno a noi e come ognuno sia chiamato a dare una risposta alla realta’. Ci si scopre inadeguati certo, ma si desidera rispondere perche’ uomini, uomini provocati, uomini che ricominciano ogni giorno, uomini che chiedono aiuto.
Cosi’, mentre stiamo incontrando tutte le persone handicappate che vivono a Waf Jeremie per aprire il refettorio Santa Chiara dove accoglierli ogni giorno per il pasto, ci imbattiamo in una delegazione di uomini che, saputo della cosa, raggiungono faticosamente a causa del deficit fisico, la klinik per chiedere aiuto. Sono uomini e donne resi disabili dal terremoto o da altre malattie o incidenti. Le tre persone che arrivano da noi sono cieche, chi le accompagna ha perso un braccio.
Ci raccontano di un villaggio creato nel post terremoto da una grossa organizzazione internazionale….. un villaggio dove radunare centinaia e centinaia di disabili. Sono state costruite delle simpatiche casette in legno colorato, sono state fatte latrine con entrata speciale per disabili, c’e’ un punto distribuzione acqua, ci sono un paio di lampioni a luce solare….
Tutto perfetto.
Eppure al cuore dell’uomo non basta.
Questa gente si sente sola, chiusa nel ghetto che e’stato creato da cui e’ difficile uscire per chi non ha gambe o non vede.
450 adulti, centinaia di bambini. Nessuno pensa a mandarli a scuola questi bimbi, molti dei quali non hanno nessun handicap. Ci raccontano che altri bambini sono stati portati in un orfanotrofio da un’altra famosissima organizzazione…. persi per sempre.
A fine dicembre il progetto di aiuto finisce, l’organizzazione spegne i rilfettori e torna a casa sua dove potra’ mostrare foto e raccontare quanto bene abbia fatto in Haiti….. ed il grido dell’uomo resta li’, inascoltato, forse addirittura zittito da una parvenza di aiuto.
Lo sguardo senza vita di questi uomini non puo’ non interrogarmi: mando i “miei” con Valentina in testa che non si tira indietro davanti a nulla. Pouchon responsabile ultimo della spedizione. Arold e Wilkenson i due autisti dell’ambulanza. Ritornano sconvolti: quello che hanno visto li lascia senza parole e li mette in moto.
Wilkenson….non esattamente il bravo ragazzo di buona famiglia…. mi chiede di fare qualcosa, lui che fa la fame, che conosce la violenza della strada, che e’ sempre pronto a litigare, che sta lavorando come volontario visto che ha rotto l’ambulanza…… lui, si lascia provocare da cio’ che ha visto e non mi da’ tregua perche’ dice “Hanno piu’ bisogno di noi, dividiamo gli aiuti con loro”.
Siamo tornati ieri, un incontro con il gruppo responsabili. Ci hanno chiesto un ambulatorio medico volante almeno una volta a settimana: non ce la fanno a raggiungere gli ospedali e se ce la fanno non li fanno entrare. Ci hanno dato un elenco con i nomi dei loro bambini, 186 da appena nati a 14 anni, ci chiedono di inserirli a scuola. Nessuno lavora, chiedono da mangiare. Quando l’Organizzazione se ne andra’ resteranno senza acqua…. nelle loro belle casette colorate!!!
Una domanda che mi interroga, che ci interroga.
Chi ci vuole aiutare a far uscire la speranza dal Vilaj Italyen per arrivare a questi figli di Dio e guardarli non come un bisogno a cui rispondere con un progetto definito nel tempo, ma come uomini e donne compagni di strada il cui Destino e’ quello di una felicita’ gia’ preparata?
Noi ci stiamo organizzando per andare due volte a settimana con un ambulatorio mobile e per inventarci qualcosa per la scuola dando spazio a questi bimbi istituendo un servizio di scuolabus con la nostra ambulanza che permetta a questi bambini di frequentare quotidianamente la nostra scuola.
Ci serve aiuto perche’ avremo bisogno di nuovi professori, di uniformi e libri, di medicine e diesel per muoverci. Ho gia’ chiesto spiegazione al ministero della sanita’ per capire se e’ veramente possibile che grosse organizzazioni spariscano lasciando centinaia di persone abbandonate a se’ stesse o se magari c’e’ gia’ qualcuno pronto a prenderne il posto. Attendo una risposta. Ma intanto il Vilaj Italyen si e’ messo in moto e questa volta non per se’ stesso, ma perche’ quando ci si sente guardati, si impara a guardare.