Progetti sanitari

Nuove protesi per JEFFERSON e DANIELLA – attivo da 12.2021

 
Sono due dei 150 bambini accolti nell’orfanotrofio in cui vive Suor Marcella, la KAY PÈ GIUSS di cui si può leggere in questo sito.
 
Jefferson è nato senza femore ed in Italia, accolto a Casa Lelia con altri bambini della Kay che partecipavano al Campo Estivo, ha potuto ricevere nel 2019 una protesi come raccontato nelle sezione specifica qui sotto, ma ora con la crescita va cambiata. Purtroppo dall’Italia siamo stati rimandati in Haiti ed ora i costi in Haiti sono impossibili per noi, ma insieme riusciremo a farcela.
 
Daniella invece non ha un piedino, è nata così come anche con le dita di una manina unite. Anche per lei la protesi messa in Haiti ora va cambiata.
 
Daniella fa la prima elementare mentre Jefferson la seconda nella scuola dei padri salesiani. In realtà in Haiti le scuole rifiutano i bambini che hanno un handicap anche solo fisico e abbiamo dovuto discutere per farli accettare. Jefferson però ha l’obbligo di mettere i pantaloni lunghi mentre l’uniforme prevede i pantaloni corti. Ma la direzione della scuola ritiene che gli altri genitori potrebbero ritirare i loro figli se un bambini con handicap venisse iscritto. Questo è il moralismo allucinane di Haiti! Così Jefferson è ancora più diverso perché è l’unico della classe con i pantaloni lunghi. Chissà cosa ne pensa Don Bosco…..
 
Qui sotto trovate le foto dei due bimbi proprio perché anche la “forma” abbia un volto.
 
Per sostenere questa iniziativa è sufficiente indicare, nella sezione “Sostieni un progetto” in questo sito o direttamente nel bonifico indirizzato alla Fondazione Via Lattea, la causale:  Nuove Protesi Jefferson e Daniella
 
Grazie fin da subito a tutte le persone che vorranno aiutarci.

JONEL

Arriva alla Kay Pè Giuss nel gennaio del 2015, accompagnato dal suo papà e dalla zia. Jonel è nato affetto da artrogriposi multipla congenita e la sua deformità alle gambe ha provocato delle lacerazioni alla mamma al momento del parto che, nella baracca in cui avveniva il parto, nessuno poteva gestire. La donna è quindi deceduta ed il piccolo Jonel è nato già orfano.
Quando arriva da noi è subito evidente quanto la situazione sia drammatica e difficile da gestire: per le educatrici Jonel è un mostro e questo purtroppo viene collegato alla maledizione divina, al diavolo e ad un sacco di altre stupidate che portano ad un rifiuto da parte di molti del piccolo che spesso viene coperto con un asciugamano perché non sia neanche visibile.

Le visite fatte in Haiti non danno nessun risultato: non abbiamo una diagnosi e non abbiamo indicazioni per capire come gestire la malattia di Jonel. Così decidiamo di imbarcarci in un’avventura italiana: prepariamo i documenti, troviamo gli aiuti necessari, andiamo a Panama all’ambasciata italiana a chiedere il visto e a fine agosto Jonel è in volo per Parigi da dove proseguirà per Milano. Ad accoglierlo Michele e Caterina, sposati da poco che aprono subito le porte della loro casa perché l’avventura di Jonel possa avere inizio. Nel primo mese si capisce il cammino che il piccolo Jonel dovrà fare, un cammino fatto di interventi chirurgici, ricoveri, fisioterapia, controlli medici. Un cammino lungo ed in salita. Ci eravamo immaginati qualche mese e poi di ritorno in Haiti, ma il bisogno chiede altro e chiede di andare fino in fondo nel desiderio di bene per Jonel. Tutto si svolge su Milano: Michele e Caterina, che vivono a Varese, con un grande atto di coraggio e di libertà accettano di affidare Jonel ad una famiglia amica di Milano, da anni impegnata nell’accoglienza di ragazzi. Jonel arriva a casa Capetti dove trova una mamma, un papà e sette fratelli e inizia un’avventura umana frutto solo dell’amore di Dio per lui e per tutti noi.

A un primo intervento alle gambe ne seguirà uno ad un braccio e piano piano Jonel cresce. Tanta fisioterapia, tante cure ma soprattutto tanto amore da parte di tutti quelli che via via lo conoscono.

Oggi Jonel frequenta il primo anno della scuola materna, si muove con una carrozzina, adora fare il bagno in piscina e giocare con i suoi fratelli. È un bambino simpatico, intelligente, testa dura che ce la sta mettendo tutta per imparare a fare tutto quello che la sua condizione gli permette. La strada è ancora lunga ma Jonel è in buona compagnia.

JEFFERSON

arriva alla Kay Pè Giuss nel gennaio del 2014, accompagnato dalla nonna Ginette. La donna racconta di come il bambino sia rimasto solo al mondo dopo la morte del papà ucciso dalle bande armate del quartiere e l’ abbandono della mamma che non aveva voluto riconoscerlo alla nascita. La nonna paterna sta cercando di andare avanti ma adesso che l’ handicap di Jefferson si fa più evidente, la donna non sa più cosa fare e come gestire il bambino che è nato senza il femore sinistro. Jefferson viene subito accolto alla Kay Pè Giuss e inizia una serie di visite ortopediche per capire come si possa intervenire sul problema. Intanto Jefferson cresce e l’ handicap si fa sempre più pesante.
Dopo aver gattonato come poteva, Jeffi ha imparato a camminare con le stampelle ed oggi riesce perfino a correre. In Haiti non ci sono speranze di poterlo aiutare cosi ancora una volta si mette in moto la macchina degli aiuti che misteriosa e silenziosa ci porta a trovare aiuto nella Fondazione Bimbingamba, fondata da Alex Zanardi, che si occupa di mettere protesi a bambini che hanno problemi alle gambe e che non hanno possibilità di curarsi.

Stiamo aspettando il visto perché nel prossimo mese di giugno Jefferson possa venire in Italia e mettere una protesi che gli permetterà di avere una vita normale.

Con la venuta in Italia si potrà fare una corretta analisi della situazione con una diagnosi precisa ed un percorso adatto al caso. Forse servirà un intervento chirurgico molto caro ed allora vedremo come fare per affrontarlo. La protesi e la riabilitazione sono invece offerte dalla Fondazione Bimbingamba.

MITHA

Arriva alla kay Pè Giuss nel marzo 2015 accompagnata da una signora che ci aveva precedentemente portato Ketheruline, la figlia cerebrolesa. Mitha ha perso i genitori nel terremoto del 2010 e lei stessa è stata estratta da sotto le macerie dopo molte ore in conseguenza delle quali ha perso la gamba sinistra che è stata amputata sopra il ginocchio. Con Mitha siamo andati al laboratorio protesi aperto nel 2011 da suor Isa, una missionaria spagnola, poi trucidata per le strade di Haiti due anni fa. Qui è stata valutata la situazione, preso le misure, fatto il calco e voilà nel giro di pochi giorni Mitha ha avuto la sua protesi.

Dopo circa sei mesi, grazie ad una benefattrice italiana, abbiamo potuto sostituire la protesi rigida con una che comprendesse là articolazione del ginocchio per permettere a Mitha i normali movimenti della gamba.

Oggi Mitha è tornata a casa, dalla vicina che l’ aveva portata e che ha ripreso anche sua figlia e cerca anche lei di costruirsi un futuro in questa Haiti che sembra ogni giorno di più negare il futuro ai suoi figli.

CASSY

È tra le prime, nel dicembre 2012, ad arrivare alla Kay Pè Giuss e apre le porte a tutti quelli che arriveranno dopo. Cassy arriva con l’AIDS conclamato, cioè ha già sviluppato la malattia. I suoi genitori sono stati entrambi uccisi dalla malattia e Cassy è rimasta per giorni accanto al cadavere della mamma, sotto una tenda fatta di sacchetti di plastica in un campo nato nel post terremoto. Una vicina di tenda si accorge della piccola (la loro tenda era lontana dalle altre proprio perché ammalati): scheletrica, raggomitolata su se stessa, ricoperta di formiche, Cassy non mangia e non beve non si sa da quanti giorni ed è ormai allo stremo delle forze. Arriva in clinica da noi: è spaventata, non si regge sulle gambe, a tratti sembra non rendersi conto di dove sia e di cosa le stia capitando. La Kay Pè Giuss ancora non esisteva, ma Cassy aveva bisogno di una casa e cosi le porte della nostra casa si aprono e come, pochi giorni prima avevano accolto il piccolo Schnaider, ora abbracciano la piccola Cassy che, seguita amorevolmente da alcune volontarie ritrova piano piano il coraggio di vivere.

Ogni mese Cassy ha l’ appuntamento all’ ospedale delle malattie infettive di Port au Prince, l’ unico ospedale del paese che sembri funzionare veramente. Lì viene seguita passo passo, riceve gratuitamente le medicine e è accompagnata ogni volta che una febbre od un malore si presentano.
Alla prima visita ci avevano detto che non aveva molte speranze di farcela e che la speranza di vita poteva massimo era di dieci anni.

A fine agosto Cassy ha festeggiato il settimo compleanno e sta frequentando la classe preparatoria alla prima elementare nella scuola delle suore salesiane. Ce la sta mettendo tutta la nostra Cassy e noi con lei e per questo se avremo i visti nel mese di giugno arriveremo in Italia per essere aiutati da alcuni nostri amici specialisti in materia a sfatare la previsione e ad aiutare Cassy a costruirsi un futuro.