Sono passati diversi mesi e tanti hanno cominciato a chiedersi che fine avessero fatto i nostri costruttori di cattedrali, sia i 23 arrivati in Italia sia gli altri 126 rimasti a casa.

Eccoci dunque a raccontarvi la nostra esperienza estiva segnata dalla bellezza dei luoghi visti, degli incontri fatti, dei gesti vissuti in un clima di continuo stupore che ha permesso a tutti noi di vivere giorno dopo giorno con la certezza che qualcosa di grande stava accadendo.

Siamo partiti a metà giugno subito dopo la chiusura delle scuole senza aspettare le pagelle che erano passate assolutamente in secondo piano di fronte alla vastità dell’esperienza che ci si stava spalancando davanti. L’avventura ha inizio già in aeroporto a Port au Prince con il check in preferenziale preparato per noi dagli amici di Air France il cui responsabile seguirà direttamente  il nostro imbarco. Attorno a noi sguardi stupiti e divertiti che si domandavano chi fossimo ma che erano colpiti dall’ordine con cui i nostri bambini si muovevano ed obbedivano a quanto veniva loro chiesto. Poi l’imbarco, il decollo tra gridolini e risate e parole di stupore nel vedere Port au Prince sempre più piccola allontanarsi. Era fatta. Ci stavamo lasciando la miseria alle spalle, stavamo mettendo il primo mattone alla possibilità per questi bambini di costruirsi un futuro diverso.

In aereo l’entusiasmo educato nello scoprire il sedile, il tavolino che si apre, il bocchettone dell’aria, la signorina che ti sorride e ti chiede come ti chiami, la sedia che si inclina e poi…. il pranzo!!! Che festa al passaggio del carrello delle bibite!!! Ma le sorprese non sono finite dopo il cambio aereo a Pont a Pitre ecco scoprire il video pieno di giochi, musica e films su cui spaziare al semplice tocco di un dito. Così, quasi per magia, i 23 piccoli costruttori passeranno 8 ore di volo ad accarezzare uno schermo che li farà passare dal cartone animato al tour di Dubai, dal gioco del calcio alle regole in caso di emergenza! Uno spettacolo vederli gustare di tutto con una semplicità che solo il cuore dei bambini sa avere.

Nessuno ha dormito del gruppo ma all’arrivo a Parigi tutti erano pronti a proseguire la grande avventura. Così tre gentili signorine Air France ci hanno accolti a Parigi, riempito di caramelle e fotografie ed aiutato a sbrigare le pratiche per poi accompagnarci all’autobus privato che la stessa Air France metteva a nostra disposizione per il cambio aeroporto. L’ultimo pezzetto di viaggio ci attendeva e la bellezza che si respirava nell’aria era sempre più grande.

Ma eccoci in volo per Milano Malpensa, i bimbi che non volevano cedere alla stanchezza, il passaggio aereo sulle nostre montagne, l’atterraggio e il restare seduti mentre tutti scendevano dall’ aereo come ci era stato chiesto di fare. Così tra gli applausi dell’equipaggio appare nel corridoio il nostro amico Max che, seguito da telecamere e giornalisti, è il primo insieme a Christina di Air France a darci il benvenuto in terra italiana. Pochi minuti dopo eravamo a terra e, ritirati i bagagli, ci approssimavamo all’uscita tra gli sguardi divertiti della gente. La nostra bandiera haitiana, tenuta ben tesa dai due più piccoli del gruppo, apriva la sfilata. Jefferson con sue stampelle a causa della mancanza del femore il primo della fila a dare il passo a tutti perché un popolo deve camminare con il passo del più debole se vuole arrivare in fondo.

E arriviamo all’uscita, le porte automatiche si aprono ed una folla di volti amici esplode in grida di saluti, canti, sorrisi. I nomi dei bambini volano nell’aria. Tanti gli ex volontari presenti che questi bambini li conoscono bene; tanti i sostenitori a distanza che hanno imparato negli anni a conoscere i nostri piccoli e che ora finalmente possono incontrarli faccia a faccia; tanti gli amici della nostra storia che hanno voluto esserci. Il volto dell’Italia che ci attendeva era un volto amico, una promessa di bene per questi bambini, ma una promessa di bene per ognuno di noi afferrato dal mistero di questa grande storia.

Canti, striscioni, caramelle per tutti, i primi regali e tanti tanti abbracci. Ad attenderci tre pulmini che il mio amico Mao ha affittato per noi. La partenza per il Centro Stoà dove la parrocchia di Sant’Edoardo attraverso i suoi sacerdoti ci ha dato accoglienza. La casa curata nel particolare: i lettini, la tavolata, la spesa fatta, il gruppo di donne volontarie resesi disponibili per prepararci pranzi e cene: che spettacolo di umanità che si mette in moto per generare il bene.

“Abbiamo bisogno che la bellezza della verità e della carità colpisca l’intimo del nostro cuore e lo renda più umano” ha detto una volta papa Francesco e l’esperienza del nostro arrivo è stata proprio quella di toccare con mano una carità che rendeva più umano il cuore, una carità che cambiava il volto all’uomo e che potrà, nel tempo, cambiare il mondo.

Alla prossima…..