Casette

Il terremoto del 12 gennaio 2010 lascia Haiti in ginocchio: migliaia di case sono spazzate via in pochi minuti ed i morti sul terreno saranno 350.000.

A Waf Jeremie, baraccopoli di lamiera e teli di plastica, le baracche hanno tenuto: hanno oscillato con l’andamento del terreno e sono rimaste in piedi. Là dove sono cadute si registra qualche gamba rotta niente di più. Ma molti saranno quelli che non torneranno a casa la sera, rimasti per sempre, volti sconosciuti, sotto macerie crollate in altre zone della città dove il popolo di Waf si reca ogni mattina per vendere cibo, oggetti vari e sbarcare la giornata.

Il progetto di ricostruzione delle casette nasce dunque non dall’emergenza post-terremoto, ma piuttosto dal desiderio di aiutare questa gente a ritrovare quella dignità propria dell’uomo, dignità che la storia, le circostanze e la natura umana possono far perdere.

Il missionario non è un operatore sociale, ma se non si comincia dall’umano, non ci può essere il soggetto dell’incontro con Cristo. Per questo un annuncio della fede cristiana staccata da una vera attenzione all’umano non è missione.
Così quando dopo il terremoto tanti amici si sono mossi per aiutarci il primo desiderio è stato quello di dare a questa gente una casa, piccola, semplice, ma una casa propria per sé e per i propri cari.

In tanti hanno aiutato prima di tutto uomini e donne della protezione civile italiana, carabinieri, pompieri, vecchi alpini, soldati di ogni tipo e poi gli uomini della Cavour, tanto discussa ma che per noi di Waf Jeremie è stata una salvezza. Con mezzi pesanti, braccia forti e cuori disponibili hanno lavorato per giorni a rimuovere l’immondizia su cui sorge Waf sostituendola con le macerie rimosse in città e ci hanno preparato uno spazio su cui poter iniziare le nuove costruzioni.
Gli ingegnerei della Protezione Civile hanno studiato il progetto ed una ditta domenicana se ne è assunta l’esecuzione. Siamo partiti anche grazie all’aiuto di Daniele, un volontario italiano che si è fermato qui per mesi a seguire i lavori e senza il quale non sarebbe stato possibile iniziare.
Durante l’esecuzione dei lavori le famiglie si erano spostate a vivere in 34 tende montate dalla Protezione Civile dando cosi la possibilità di abbattere le baracche di lamiera e lavorare con tranquillità ed organizzazione.

E cosi a fine agosto 2010, 122 casette colorate venivano date con documento di proprietà ad altrettante famiglie: una festa. La gente ha voluto che le casette fossero assegnate per sorteggio, salvo poi scambiarsele per restare vicini agli amici di sempre. E poi canti e balli per festeggiare la nascita di quello che da subito è stato da tutti chiamato LE VILAJ ITALYEN, nome che darà poi il nome a tutta l’opera che negli anni successivi, come per incanto, si svilupperà.